Vitigni autoctoni italiani: eccellenza enologica
Non a tutti è noto che l’Italia ha un importante primato mondiale: tra pendii e vallate si coltivano 635 varietà diverse di vite da vino (dato del Catalogo nazionale varietà di vite). Un numero che racconta molto della nostra volontà di tutelare e valorizzare le diversità e le tradizioni.
Cosa sono i vitigni autoctoni
Cosa significa la parola “autoctono”? Questo termine deriva dal greco autóchton: autós (stesso) e chthón (suolo, terra). Si tratta di tutti quei casi in cui la zona di origine di un vitigno e la terra in cui viene coltivato coincidono.
Facciamo un esempio: il Merlot è un vitigno diffuso in tutto il mondo, ma ha origine in Francia, precisamente nella regione del Bordeaux. Un Merlot prodotto a Bordeaux può quindi dirsi un “vino da uve autoctone". Un Merlot coltivato in altri Paesi, come l’Italia, viene definito “vitigno internazionale” (o infrequentemente “alloctono”).
Questa è evidentemente una definizione convenzionale: sappiamo bene che la vite ha origini molte antiche e ha subito spostamenti, adattamenti e variazioni genetiche (spesso spontanee) nel corso dei millenni, ma quando un vitigno presenta uno stretto e duraturo legame con un territorio, viene definito autoctono.
Facciamo un breve excursus storico*.
La domesticazione della vite selvatica ha origine nel Caucaso meridionale tra i 6000 e il 5800 a. C., mentre la lavorazione della vitis vinifera sembra iniziare nell’area tra la Siria e l’Anatolia. Le migrazioni degli uccelli e gli scambi commerciali hanno permesso la diffusione di questa coltura verso ovest. A giocare un ruolo fondamentale nella nascita e sviluppo della viticoltura in Europa sono stati Etruschi, Greci e Romani tra il II millennio a.C. e il IV secolo a.C.. Nel tempo i coltivatori hanno selezionato e riprodotto le specie migliori per ciascuna zona, affinando i metodi di produzione. Semplificando estremamente, l’adattamento alla lunga ha portato alla tipicità.
Anche in Veneto la viticoltura ha visto molti condizionamenti dalla sua origine nell’Età del Ferro a oggi. Basti pensare alla Serenissima Repubblica di Venezia, le cui navi solcavano il Mediterraneo e incontravano lungo le coste cibi, tradizioni e culture diverse. I Veneziani portarono sui Colli Euganei soprattutto vitigni aromatici quali Moscati, Malvasie, Marzemino.
Quali caratteristiche hanno
Una caratteristica fondamentale dei vitigni autoctoni è la tipicità: i vini prodotti da vitigni autoctoni destano interesse e curiosità perché esprimono con franchezza i tratti più profondi di un territorio. Si tratta di specie che hanno stabilito un’incredibile sinergia con la terra e il microclima, esprimendo solitamente i migliori risultati nel luogo in cui nascono.
Una delle responsabilità di noi viticoltori è quella di proteggere questa incredibile ricchezza: il nostro Paese è così variegato che in ogni regione si possono scoprire diverse varietà autoctone, spesso vitigni minori prodotti in piccole quantità.
Perché sono importanti e vengono preservati
L’importanza primaria dei vini da uve autoctone è riconducibile alla loro unicità. Il connubio tra sottosuolo, suolo, specie erbacee e arbustive che crescono lungo i filari, microfauna e condizioni climatiche, contribuisce a determinare un vino unico che vale la pena scoprire e assaggiare.
Un altro aspetto importante è quello culturale. Gli eno-appassionati sentono sempre più la necessità di conoscere la storia dietro a un vino: le sue (probabili) origini, perché è stato concepito in quel modo, quali sono le peculiarità che lo distinguono da tutti gli altri. Sempre più c’è l’esigenza di non omologare ma distinguere. Una distinzione dovuta e benvenuta, se il fine ultimo è la diffusione della cultura enologica e storica di un territorio e delle sue tradizioni.
Oltre alla risonanza culturale e turistica che i vini autoctoni sviluppano attorno a sé, occorre precisare la diretta importanza della biodiversità. Preservare la biodiversità nel vigneto, ma in generale possiamo dire dell’ambiente che ci circonda, è un dovere e un privilegio che spesso viene retrocesso all’utilizzo del termine per puro scopo di marketing. La realtà è che senza la biodiversità gli ecosistemi collassano. Senza la varietà di specie e la relazione tra loro, l’equilibrio di un territorio si fa precario, più vulnerabile alle malattie e suscettibile ai fenomeni atmosferici.
Vitigni autoctoni veneti
In Veneto ci sono moltissimi vitigni autoctoni e alcuni territori sono riusciti a farne il vino bandiera. Basti pensare ai Monti Lessini con il vino Durello o alla Valpolicella con l’Amarone, conosciuto a livello mondiale e prodotto con Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara, Dindarella.
Per avvicinarci ai Colli Euganei possiamo citare Turchetta, Corbinella, Marzemina Bianca, Marzemina Bastarda, Cavarara, Pattaresca, Pinella… Ca’ Lustra in questi anni ha fatto la sua parte per la protezione dei vitigni autoctoni e la loro valorizzazione. Negli anni 2000 abbiamo partecipato, insieme ad altri produttori dei Colli Euganei, a un progetto di studio e recupero di vecchie varietà euganee, mettendo a disposizione terreni ed energie per la coltivazione di queste varietà. Uno dei vitigni autoctoni più interessanti per noi è la Pinella, che riesce a dare soddisfazioni anche nei terreni più caldi e aridi. Scopri la nostra storia con la Pinella.
La scoperta dei vitigni autoctoni è un viaggio che si auto-alimenta: rarità, racconti e talvolta leggende creano curiosità e portano a voler conoscere sempre di più.
*Fonte: “Colli Euganei - nati dal fuoco, plasmati dalla viticoltura” di Serena Imazio e Attilio Scienza